Naturale non significa sostenibile: la verità dietro al cotone.
Quando compriamo un vestito in 100% cotone ci sentiamo fieri della nostra scelta: è un materiale naturale, traspirante, riciclabile e biodegradabile. È anche sostenibile? Non sempre.

Il cotone è la fibra naturale più utilizzata al mondo, sfruttata da secoli per la produzione di tessuti e abbigliamento. È il secondo materiale per utilizzo nell'industria tessile (dopo il poliestere) ed è la più importante coltura agricola non alimentare. Quello che non sappiamo è che è una pianta che cresce in climi caldi e soleggiati ma necessita moltissima acqua: si stima che 1kg di cotone necessiti dai 10,000 ai 20,000 litri di acqua per crescere. Considerando che circa il 70% del cotone viene coltivato in aree dove è necessaria l'irrigazione perché l'acqua piovana non è sufficiente, iniziamo a capire dove sta il problema. La coltura del cotone occupa circa il 2.5% delle terre coltivabili, ma utilizza il 16% dei pesticidi venduti in tutto il mondo: questo comporta un rischio non solo per chi lavora a contatto con queste sostanze spesso molto tossiche, ma anche l'inquinamento del suolo e delle falde acquifere, estendendo il pericolo all'intera regione.
Last but not least, tra i maggiori produttori di cotone troviamo diversi paesi le cui condizioni sono spesso sotto accusa per il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori: Cina, India, Pakistan.

Quali sono le alternative sostenibili? Al momento ne abbiamo due, il cotone organico e il cotone riciclato.
In generale, è abbastanza chiaro cosa si intende per riciclato (ma faremo un post dedicato!), ma sull'organico ci sono ancora molti dubbi. Per semplificare molto, potremo definirlo l'alternativa bio del cotone, come esiste per la frutta! Oltre al divieto dell'uso di pesticidi chimici, semi geneticamente modificati e quindi un minore utilizzo di acqua, gli enti che certificano il cotone organico, in particolare GOTS, si preoccupano anche delle condizioni lavorative delle persone che lavorano lungo tutta la catena, dal campo alla confezione, garantendo che ricevano un compenso equo.
Per avere un confronto oggettivo sull'impatto dei materiali, possiamo utilizzare l'Indice di Sostenibilità Higg: solo per quanto riguarda la coltivazione, l'impatto del cotone organico è quasi sei volte più basso, soprattutto per l'utilizzo di acqua.


Quali certificazioni ci garantiscono che il cotone che stiamo comprando è organico?
Al primo posto abbiamo GOTS - Global Organic Textile Standard, che garantisce per l'intera catena produttiva, ed è quindi lo standard più alto. Altre certificazioni sono meno rigide e si focalizzano su alcune parti della catena: Fairtrade Cotton, Better Cotton Initiave (BCI), Cotton Made in Africa (CmiA). In presenza di queste certificazioni, l'HIGG dà punteggi in negativo, abbassando quindi l'impatto totale.
GOTS: -23
BCI: -6
CmiA: -9
Fairtrade: -12
Scopri quali brand utilizzano cotone organico su Blank.
Fonti:
HIGG's Material Sustainability Index
Soil Association "Thirsty for Fashion"
Common Objective "Cotton and Sustainable Cotton: Key World Commodity"